L’istituto SIPRe (Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione) di Parma ha organizzato una giornata per comprendere e sperimentare insieme una nuova postura sociale della clinica psicoterapeutica, con l’obiettivo di capire ed evidenziare il ruolo che essa ricopre all’interno dell’attuale sistema di wel-fare. Nel corso della mattinata sono intervenuti Stefano Tomelleri, Luigi D’Elia, Fabio Vanni e Antonia Restori. La psicoterapia sociale si colloca nel panorama del welfare contemporaneo come una risposta sempre più rilevante alle trasformazioni sociali, cultu-rali ed economiche che stanno ridefinendo i concetti di salute mentale, cura e benessere. Non è solo un approccio clinico, ma anche un intervento comuni-tario, relazionale e politico che sfida la visione individualistica e medicaliz-zante della sofferenza psichica. Nel contesto del welfare contemporaneo – caratterizzato da processi di neo-liberismo, precarizzazione, utilitarismo, indi-vidualizzazione e futurismo – la psicoterapia sociale critica l’approccio bio-medico dominante, che tende a incasellare il disagio e a trattarlo con strumen-ti standardizzati, cercando di sottolineare e valorizzare, invece, un approccio bio-psico-sociale, dove la salute e la malattia sono il risultato dell’interazione complessa tra fattori biologici, psicologici e sociali. Inoltre, con la psicotera-pia sociale si assiste all’integrazione della cura con servizi territoriali, scuole, famiglie, centri di salute mentale e associazioni, promuovendo, così, un lavo-ro di rete.
La psicoterapia sociale rappresenta, quindi, una frontiera etica e politica della cura nella società contemporanea, diventando una pratica trasformativa, comunitaria e solidale. In un welfare in crisi, essa offre una visione alternativa fondata sulla dignità del Soggetto e sulla qualità della Cura, dove quest’ultima diventa co-costruita, dal momento che emerge dalla relazione e dal contesto, umanizzata, poiché vuole porre al centro la persona e non la sua diagnosi, e preventiva, dal momento che cerca di intervenire non solo sul sintomo, ma anche sulle condizioni che generano sofferenza.
Nel corso del seminario i diversi relatori, prima di entrare nelle specificità che contraddistinguono la psicoterapia sociale, hanno avuto modo di sottolineare le criticità che la Cura incontra nell’attuale sistema welfare italiano, leggendole alla luce di un sistema in crisi strutturale, segnato da frammentazione dei servizi, tagli al settore pubblico e una crescente pressione verso la standardizzazione e l’efficienza misurabile. Di fatto, oggi il benessere mentale, che un tempo veniva considerato una responsabilità collettiva, è sempre più trattato come un privilegio individuale, accessibile principalmente a chi ha disponibilità economiche, lasciando la cura confinata a specifici ambienti sociali ed economici. Inoltre, nel contesto pubblico, solo per fare un esempio, un limite è rappresentato dai tempi di attesa spesso eccessivamente lunghi. Accade non di rado che, al momento della convocazione, la persona non senta più il bisogno di ricevere aiuto: o perché il disagio si è attenuato spontaneamente, o perché ha già cercato e trovato altre forme di supporto, magari nel privato o attraverso strategie personali. Questo ritardo compromette non solo l’efficacia dell’intervento, ma anche l’appropriatezza della presa in carico, rischiando di sottrarre risorse a chi, nel frattempo, potrebbe trovarsi in una situazione più urgente.
Così, a fronte di questa e altre carenze, la psicoterapia sociale si attiva, grazie alla sensibilità di operatori e operatrici, al fine di offrire un sostegno attento e mirato. A tal proposito, risulta utile delineare brevemente che cosa si intenda per psicoterapia sociale e in che modo essa possa rappresentare un cambiamento strutturale significativo nel modo di concepire e praticare la cura. In primo luogo, in psicoterapia sociale si parte da una consapevolezza importante: le teorie e i modelli utilizzati non sono verità assolute, ma strumenti appresi per dare un senso all’esperienza, oltre che essere il prodotto di un contesto storico, culturale ed economico specifico, e proprio per questo vengono impiegati con spirito critico, senza imporli a chi si rivolge al servizio. In secondo luogo, al centro del lavoro psicoterapeutico si pone sempre la persona, considerata nella sua unicità e nelle sue relazioni. Il soggetto, pertanto, non viene ridotto a etichette o categorie, ma viene considerato nella sua interezza, nel legame con l’ambiente, la cultura e la propria storia. In aggiunta, la psicoterapia sociale è ben lontana dal cercare di adattare la persona al mondo, piuttosto è volta a sostenere la possibilità di vivere pienamente il proprio presente, tanto per chi chiede aiuto quanto per chi offre cura.
Aspetto centrale ed essenziale è l’attenzione a rendere il percorso terapeutico accessibile: la cura psicologica deve rappresentare una possibilità concreta per tutte le persone, in tutte le loro forme relazionali – famiglie, coppie, individui – tenendo conto delle risorse disponibili, dei tempi, delle lingue e delle culture che ciascuno porta con sé. La psicoterapia sociale si impegna, dunque, nel coinvolgere i professionisti privati, non in una pratica di libera professione priva dello sguardo sociale, bensì in un impegno rinnovato, più sostenibile e maggiormente accessibile ai cittadini. Si propone, in altri termini, di allargare la funzione pubblica al privato, a fronte di un onorario che possa incontrare l’accordo di entrambi gli attori in campo. Tale cambiamento si sta costruendo non solo a partire dalla volontà e sensibilità degli operatori, ma anche a seguito del crescente interesse dei cittadini stessi, i quali iniziano a preferire una cultura della cura di segno differente, all’interno di una logica che guarda all’interesse pubblico.
La psicoterapia sociale si esprime oggi in diverse forme concrete, mostrando attenzione al contesto nel quale opera. Esistono realtà in cui si cerca di coinvolgere il maggior numero possibile di professionisti disponibili a dedicare parte del proprio tempo a persone in difficoltà economica. Altre, invece, si impegnano in modo strutturato e continuativo nell’offrire supporto psicologico a questi stessi soggetti, rendendo questo intervento il cuore della loro attività professionale. Esistono poi organizzazioni che scelgono di calibrare il costo delle sedute sulla base delle possibilità economiche delle persone, invece di affidarsi a tariffe fisse fondate sul proprio valore di mercato. Così, in un tempo in cui la cura rischia di diventare un lusso per pochi, la psicoterapia sociale si presenta come un’alternativa concreta e necessaria. Non si tratta solo di rendere accessibile il servizio, ma di ridefinire il senso stesso della cura: una pratica relazionale, inclusiva e radicata nel tessuto sociale. La sua forza risiede nella capacità di mettere in discussione modelli rigidi e autoreferenziali, aprendo spazi di ascolto e di trasformazione sia per chi cura che per chi chiede aiuto. Essa si fonda su una critica esplicita al modello dominante, invitando a ripensare la cura come bene comune, condiviso e sostenibile, capace di rimettere al centro la dignità delle persone e la qualità delle relazioni.
Il valore della psicoterapia sociale non risiede solo nella maggiore accessibilità economica, ma anche nell’approccio relazionale, nella flessibilità metodologica e nella capacità di leggere la sofferenza dentro una cornice più ampia, che tiene conto delle condizioni sociali, culturali e storiche delle persone. In questa direzione, la psicoterapia sociale non solo risponde a un bisogno, ma contribuisce a immaginare un nuovo paradigma del prendersi cura, più giusto, umano e solidale.
Nella seconda parte della giornata i partecipanti hanno avuto l’opportunità di mettersi in gioco attivamente, prendendo parte a una serie di workshop tematici pensati per stimolare il confronto, l’esplorazione pratica e la condivisione di esperienze. I workshop sono stati ospitati in sedi diverse – Progetto Sum, Il Ruolo Terapeutico e la SIPRe di Parma – a testimonianza di una collaborazione attiva tra realtà del territorio. Questa articolazione logistica ha permesso ai partecipanti di entrare a contatto con ambienti differenti, valorizzando le specificità di ciascuna sede e arricchendo la propria esperienza formativa.
In qualità di psicologa in formazione, ho scelto di partecipare a questo seminario mossa da un profondo interesse per le tematiche proposte e dalla volontà di comprendere più a fondo come la psicoterapia sociale si inserisca nel quadro attuale del welfare. L’evento si è rivelato un’importante occasione di crescita, sia sul piano teorico che esperienziale, permettendomi di confrontarmi con approcci diversi e con realtà operative attive sul territorio. L’incontro con la psicoterapia sociale, nelle sue diverse declinazioni, ha ampliato la mia visione del lavoro psicologico, mostrandomi come sia possibile integrare competenze cliniche con una sensibilità sociale e culturale attenta alle disuguaglianze, alle risorse comunitarie e alle storie delle persone. Ne esco con una visione più ampia e consapevole del potenziale trasformativo della psicoterapia sociale e con il desiderio di contribuire, nel mio futuro professionale, allo sviluppo di pratiche di cura inclusive e radicate nei bisogni reali delle persone.
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